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Si chiama "brand reputation" ed è il modo per il quale il tuo locale può diventare un "marchio". Nella ristorazione i casi sono diversi: vediamo come hanno fatto per capire meglio come e dove migliorare.
Nella ristorazione più che in altri settori la reputazione è tutto. Un fattore che vale in ogni ambito del settore, dai ristoranti stellati alle catene di fast food, passando per i locali di quartiere. Non è un caso, infatti, se esistano esempi davvero eterogenei in questo senso, in grado di spiegare, per così dire, il successo di alcune attività rispetto ad altre.
È il caso di catene come Burger King o McDonald's, che ormai da anni lavorano duramente per riabilitare l'immagine di junk food affibbiatagli dall'immaginario collettivo attraverso proposte sempre più healty, sostenibili e gourmet. Ne sono un esempio gli hambuger a base di ingredienti a Km 0, o con patty “Impossibile Food” o “Beyond Meat”, cioè a base vegetale ma, a detta dei loro creatori, con lo stesso sapore di sempre.
O quello di ristoranti dalla verve più popolare, in stile “La Parolaccia” a Roma, “Nennella” a Napoli, “La Pecora Nera” o il celebre “Ristorante delle Querce” in Abruzzo, che sulla cucina tipica e un'accoglienza fuori dal comune hanno costruito un'identità apprezzata e riconosciuta.
O, infine, quello di chef di alto livello, che attraverso sperimentazioni gastronomiche di prestigio hanno saputo affermare il nome del locale al pari di un brand. Perché, in fondo, lavorare sulla propria immagine è il segreto del successo, ma non basta un logo accattivante o un menù ben impaginato per ottenere risultati. Il pubblico chiede che questa immagine sia tangibile, che sia essa associata ad una mascotte (come nel caso dei fast food) o dello stesso gestore del ristorante. Un successo, quindi, strettamente correlato alla brandizzazione del personaggio, in grado di creare un trait d'union tra sé stesso/a e il suo locale.
Un aspetto che tutti gli esempi portati in precedenza sono riusciti ad espletare in modo efficace (consapevolmente o meno), costruendo la fama delle proprie attività di pari passo con la filosofia alla base di esse.
Concentrandoci maggiormente sulla ristorazione di fascia alta, dove la reputazione dello chef è un valore più ambito e sentito, andiamo ad approfondire alcune case history di professionisti che hanno investito in reputazione per legare la propria immagine al nome delle loro attività.
Formatosi al fianco del maestro Gualtiero Marchesi, la cui cucina rappresenta ancora oggi quasi una “sacra scuola di Hokuto” della ristorazione italiana. È forse l'esempio più rappresentativo tra quelli che cerchiamo: dal ristorante battezzato con il suo stesso cognome, e insignito di due stelle Michelin fino al 2018, ai numerosi spot e programmi televisivi di cui è stato ospite, Carlo Cracco ha costruito la propria fortuna su una reputazione che negli anni ha reso il suo nome sempre più popolare anche fuori dal settore della ristorazione.
La location d'eccezione scelta da Stefano Baiocco per il suo locale ha sicuramente contribuito ad accenderne la notorietà. Villa Feltrinelli, infatti, fu l'ultima residenza del Duce e che oggi, dopo un opportuno restauro, ospita il suo ristorante. Ma Baiocco è divenuto celebre soprattutto per il suo encomiabile curriculum e per l'utilizzo di erbe, comprese spontanee e officinali, nella propria cucina. Uno dei suoi piatti più famosi ne comprende circa 140 diversi tipi.
Davide Pezzuto è salentino, ma ha fatto dell'Abruzzo una passione. Una percorso professionale che è stato in grado di sintetizzare in un concetto tanto essenziale quanto efficace: “L'ingrediente principale della cucina gourmet è la semplicità”.
La scelta di creare un “ristorante diffuso”, al pari degli ormai noti alberghi, ha fatto il resto, affermando la popolarità dello chef a livello non più solo locale, ma nazionale.
Nata in Puglia, titolare del celebre ristorante Glass Hostaria di Roma, ha studiato legge e lingue straniere negli USA e ha lavorato come graphic designer. Una professionista approdata alla ristorazione tardi rispetto ad altri/e chef, ma in grado in pochi anni di distinguersi per la sua cucina e per le numerose attività sociali nelle quali è impegnata. Dal 2018, infatti è anche Ambasciatrice dell’Associazione Telefono Rosa e co-fondatrice dell’organizzazione Fiorano For Kids, per la ricerca di diete specifiche nella cura dell’epilessia infantile.
Il ristorante dei fratelli Mario e Catia Uliassi è un ulteriore esempio della perfetta brandizzazione di due figure che hanno legato il proprio nome alla cucina tipica e locale, con un carattere del tutto personale. Il ristorante, situato in una splendida location sulla spiaggia, è oggi un punto di riferimento della cucina marchigiana, ma allo stesso tempo in grado di restituire la vision culinaria dei suoi protagonisti.
Non a caso, l'elemento più rappresentativo è rappresentato dal legame tra cucina di mare e terra, con perfetti abbinamenti in grado di spaziare tra il “bollito di mare e orecchio di maiale” alla “cacio e pepe con trippa di baccalà”. Sperimentazioni di successo che hanno contribuito ad affermare il lavoro dei due professionisti.
Senza spostarci da Senigallia troviamo Moreno Cedroni, chef divenuto celebre anche grazie alla TV per la sua parte di giudice nel programma “Top Chef”. Ma Cedroni è molto di più di una figura televisiva. L'approdo nel programma è stato solo il risultato di un lungo e duro lavoro di affermazione della propria cucina, divenuta nel tempo un vero e proprio tempio di sperimentazioni gastronomiche a metà strada tra innovazione e tradizione.
Niko Romito è recentemente tornato a far parlare di sé con l'apertura sotto le Natale del temporary store “Bomba” a Pescara. Un investimento che ha scatenato un acceso tam tam, portando alla ribalta il locale e, soprattutto, il principale prodotto servito: la bomba ripiena, in versione dolce e salata.
Romito è forse tra i migliori esempi di come costruire una propria brand reputation, divenendo un nome noto nel settore della ristorazione. Un professionista che si è fatto strada nel tempo grazie al duro lavoro (tre stelle Michelin per il suo ristorante e insignito del premio “miglior chef europeo” dalla giuria del Madrid Fusiòn) senza mai dimenticare l'importanza di affermare il proprio nome e le proprie creazioni al pari di un autentico brand.
Per citare l'esempio precedente, quella dello chef abruzzese non è, infatti, una bomba, ma la bomba. La bomba di Niko Romito. Certamente non un caso, ma specifica volontà di costruire attorno ad una ricetta comune una nuova identità per raccontarla e, ovviamente, venderla. Una grande lezione di marketing dalla quale imparare.
In tutti gli esempi citati in questo articolo, da Maria “la scostumata” del Ristorante Delle Querce a Niko Romito (tanto per citare due casi opposti ma geograficamente molto vicini) raccontano una storia comune: per diventare un nome è importante essere ciò che sei.
Nella ristorazione, distinguersi è tutto. La stessa ricetta preparata da due diversi professionisti parla lingue diverse e racconta chi è il suo creatore. Diventare un nome noto in questo settore significa, quindi, raccontare la tua storia e la filosofia alla base della cucina, con una sola condizione: l'onestà, verso il pubblico e se stessi.