Percepito dai clienti come un “extra”, eliminare il coperto a tavola può essere un’idea vincente di marketing: è davvero così? Ecco cosa devi sapere se decidi di non chiedere una voce di costo aggiuntivo ai tuoi clienti. La curiosità: questo sovrapprezzo che quasi tutti i locali applicano per ogni persona che si siede ha origini medievali.

 

Se il coperto non si paga più: la provocazione virale di un ristorante

Il suo costo oscilla tra 1,50 e 2 euro, ma può arrivare anche a 2,50 euro a persona. Succede persino in ristoranti nei quali al posto del tovagliato tradizionale si apparecchia con tovagliette di carta monouso e posateria rustica.

Parliamo del “coperto”: un piccolo balzello applicato da tutti i locali (o quasi) e qualche volta mal digerito dai clienti.

La polemica su questa specie di “tassa” non è nuova e si riaccende periodicamente: ad infiammarla ancora una volta è stata qualche tempo fa la notizia di un ristorante di Ravenna che ha deciso, autonomamente, di abolire il coperto dai suoi conti. Sono molti, infatti, i dubbi che le associazioni di consumatori hanno sollevato negli anni sulla liceità di questa voce che i ristoratori, al momento di fare il conto, moltiplicano per il numero di commensali e poi sommano ai costi di portate e bevande. 

Così finisce che su una tavolata di 10 persone la voce “coperto” nel conto può essere anche di 20 euro. In questo articolo spieghiamo come stanno esattamente le cose e parliamo di:

1-    A cosa serve il coperto e cosa comprende il suo costo

2-    Coperto sì o no: cosa dice la legge

3-    Il coperto: da dove arriva questa voce

4-    Il caso del ristorante di Ravenna che ha abolito il coperto

5-    Perché non far pagare il coperto può essere un’idea di marketing vincente 

A cosa serve il coperto e cosa comprende il suo costo

Nella voce “coperto” rientra tutto ciò che viene messo in tavola per permettere al commensale di mangiare: tovaglia, tovaglioli, posate, bicchieri, piatti. In questo costo aggiuntivo è compreso anche il cestino del pane. Sono ovviamente compresi il servizio al tavolo e le successive operazioni di pulizia. 

Diciamo “dovrebbero” perché in realtà il servizio non dovrebbe far parte del costo del coperto: questa voce, infatti, risale ai tempi in cui i camerieri lavoravano senza contratto e venivano pagati in percentuale in base a quanti tavoli servivano e a quante ordinazioni prendevano. 

Comunque, nonostante un po’ di confusione sulla quale né le norme né i ristoratori sembrano avere intenzione di fare chiarezza, sono queste le voci che finiscono sotto il cappello del “coperto”. Le riepiloghiamo:

  • apparecchiatura
  •  pane
  • servizio
  • pulizia 

Tuttavia una discrepanza di base esiste: nei ristoranti più trendy, infatti, si servono tanti tipi speciali di pane (dai cereali antichi, al farro e solina, alla frutta secca, passando per semi e spezie) che sono molto ben lontani, per qualità e costo, dal pane tradizionale che si è sempre trovato sul tavolo del ristorante. 

Trattandosi di un prodotto particolare, molto spesso fatto direttamente dai ristoranti, può accadere che si paghi al pari di una qualsiasi pietanza. Quindi potrebbe verificarsi che nel nel conto si trovi la voce “pane”.

La scelta di far pagare il pane può rappresentare per un ristoratore un’ottima soluzione per la gestione stessa del pane (come garantirlo sempre fresco e di qualità ma al tempo stesso evitare gli sprechi, ai quali purtroppo certi clienti contribuiscono parecchio?). 

Coperto sì o no: cosa dice la legge

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In Italia non c’è una norma che vieta l’applicazione del pagamento della voce “coperto”, quindi è assolutamente legittimo chiederlo ai clienti, a patto di rispettare l’obbligo di indicarne la voce (ed il relativo costo) sul menu o, in sua assenza, sul listino dei prezzi.

Lo scopo è quello di favorire la trasparenza in modo che, al momento di ordinare, il cliente possa fare i conti su quanto pagherà per mangiare seduto a quel tavolo e non avrà brutte sorprese alla cassa.

Già da un paio di anni le associazioni di consumatori attendono un sempre annunciato (ma di fatto mai arrivato) “decreto contro-coperto” che renderebbe illegale questa voce di costo richiesta da ristoranti in Italia. In molti paesi stranieri è già così: il coperto non si paga (anche se è una prassi lasciare una lauta mancia che supplisce). 

La storia del coperto al ristorante

Le origini di questo piccolo sovrapprezzo che si paga per sedersi al ristorante sono molto antiche, risalgono addirittura al Medioevo. Il “coperto” era ciò che i viandanti pagavano alle locande che li ospitavano in modo che potessero consumare al caldo e al riparo dalle intemperie il cibo che si portavano dietro per i loro spostamenti.

Quindi la taverna non somministrava cibo ma metteva a disposizione soltanto tavoli, sedie e posate. Per utilizzarli si pagava, appunto, il coperto: perché, come dice la parola stessa, si stava al coperto, ovvero al rifugio quando fuori pioveva e nevicava. 

Diverso era il caso se il viandante infreddolito e affamato entrava nella locanda per chiedere un pasto caldo: pagava il cibo che consumava e in questo caso non doveva pagare il coperto perché era compreso nel pasto servito.

Il curioso caso del ristorante di Ravenna che ha abolito il coperto 

Tempo fa, un noto ristorante del centro di Ravenna, proprio in virtù della storia che abbiamo raccontato qui sopra, ha scelto di non far pagare il coperto ai propri clienti. E lo ha fatto motivando la sua scelta controcorrente con un breve racconto messo a disposizione degli avventori sul tavolo, accanto al menù. 

La storia dice brevemente così: “se il coperto era una piccola quota che i viandanti pagavano alle osterie per avervi accesso e mangiare al riparo dal freddo il cibo che si portavano dietro, visto che nel nostro ristorante ci auguriamo che voi avventori non vi portiate il pasto da casa, perché farvelo pagare?”. 

Il ragionamento non fa una piega. Certamente chi lo ha messo a punto ha fatto un’abile mossa di marketing. Necessariamente molto ben misurata perché eliminare il coperto per nessun ristorante può tradursi nel lasciare in rosso i costi di apparecchiatura, pane e servizio al tavolo. Significa però saperli distribuire sapientemente in un menu che aiuta a vendere i tuoi piatti, e con un pizzico di furbizia in maniera diversa. 

Perché non far pagare il coperto può essere un’idea di marketing vincente

Conquistare e fidelizzare i clienti di un ristorante abolendo questo piccolo extra è facile. Come può, però, diventare un’idea vincente di marketing?

 I costi di apparecchiatura, pane e servizio possono essere distribuiti diversamente e in maniera proficua per la tua attività se sai usare lo strumento principale che hai per vendere ed aumentare gli incassi: il tuo menu.

Dentro quelle poche pagine che porti in tavola ai tuoi clienti ti giochi l’opportunità di battere scontrini alti e di aumentare gli incassi. Ma anche di fidelizzare i clienti. Come? Al giorno d’oggi se vuoi che la tua attività sia vincente serve, lo abbiamo già detto, una gestione manageriale del ristorante.

Poi dovrai:

  • Conoscere con esattezza il prezzo di ogni piatto che servi (il cosiddetto food-cost, e qui ti diciamo come calcolarlo);
  • Ottimizzare il menu del tuo ristorante in base alle stagioni e alle festività in modo da puntare sempre sui piatti che ti fanno guadagnare di più;
  • Saper vendere i tuoi piatti in modo da alzare lo scontrino medio del tavolo.

Ma ricorda: se decidi di continuare a chiedere questo sovrapprezzo sappi che farlo in modo chiaro e trasparente è, oltre che un obbligo, una strategia di marketing altrettanto vincente per conquistare la fiducia dei clienti 


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