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Sapori decisi, come la regione che ne ha visto le origini. Tre preparati tradizionali molto diversi tra loro e molto richiesti. Ecco come servirli al bancone del bar.
Genziana, Ratafià e Centerbe (o Centerba): impossibile non averli tra l’offerta di amari se hai un bar in Abruzzo o nelle regioni limitrofe. Il loro sapore racconta molto di questa terra.
Esistono molti modi per scoprire un territorio, ma quello dei suoi sapori più autentici è senza dubbio il migliore. Sotto questo aspetto, l'Abruzzo è una regione fantastica. Oltre alle sue bellezze storiche e paesaggistiche, l'Abruzzo è un patrimonio di sapori e tradizioni senza eguali. La “scienza” alla base dei suoi piatti è frutto di una storia millenaria, fortemente caratterizzata dalla sua vocazione agropastorale, sincera e genuina.
I piatti tipici d'Abruzzo, come il ciabotto, le scrippelle ‘mbusse e gli immancabili arrosticini non rappresentano “solo” tipicità gastronomiche, ma veri e propri viaggi alla scoperta di sapori antichi, tramandati fino a noi dalla tradizione.
Lo stesso vale per la produzione pasticcera di dolci come il parrozzo di dannunziana memoria, che nel periodo natalizio regge ancora egregiamente il confronto con panettone e pandoro, e per i liquori della regione, come Genziana, Ratafià e Centerbe.
Le ricette dei liquori tipici abruzzesi sono, molto spesso, state attinte dai preparati officinali delle grandi abbazie, in special modo benedettine, disseminate in tutte le sue province.
Un sapere raccolto e perfezionato in secoli di esperienza, una volta appannaggio esclusivo dei monaci che usavano preparare distillati e infusi per impieghi esclusivamente farmaceutici.
È il caso della Genziana, la cui amarissima essenza rappresentava, un tempo, un preparato corroborante, ideale per rinfrancare lo spirito e combattere infezioni e patologie intestinali.
Stessa cosa vale per il Centerbe (o “la” Centerba, com'è più in uso indicarla in Abruzzo), distillato robusto di alta gradazione alcolica, ottenuto dall'impiego di erbe spontanee delle montagne abruzzesi.
Se hai già letto il nostro articolo su come servire gli amari al ristorante ti gudiamo alla scoperta di tre dei più comuni amari abruzzesi, per vedere come servirli e quali sono le loro peculiarità.
Funziona in questo modo: l'assaggi la prima volta e sembra la più imbevibile tra le bevande, ma al secondo sorso non puoi più farne a meno.
La Genziana è certamente tra i liquori più particolari d'Italia e, senza dubbio, il più rappresentativo d'Abruzzo.
Il suo classico sapore fortemente amaro è dovuto alle radici dell'omonima pianta con le quali questo liquore viene prodotto. Una pianta protetta, che cresce in natura ad altitudini notevoli (dagli 800 ai 1.000 metri slm) e per questo di non facile reperimento.
Nonostante preparare genziana in casa sia illegale, in quanto la raccolta della radice in natura non è permessa dal momento che la pianta è protetta, questo liquore si trova spesso in casa di ogni vero abruzzese.
Sulla sua preparazione esistono due scuole di pensiero: quella a base di solo alcool e quella che preferisce diluirla nel vino (naturalmente, Montepulciano d'Abruzzo). Potremmo discuterne a lungo senza mai arrivare a una quadra sul tema. La verità, come sempre, sta nelle preferenze del bevitore che, ad ogni modo, si troverà sempre d'accordo su un altro punto veramente fondamentale: la genziana deve essere amara.
Spesso, infatti, i preparati industriali vedono l'impiego di eccessivo zucchero o dolcificante a questo liquore al fine di renderlo più gradevole e “internazionalizzarlo”. Ma il pubblico abruzzese è più portato ad apprezzare la genziana dal sapore più tenace e rustico. Per questo, il segreto di ogni gestore di bar o ristorante, è sempre quello di selezionare due etichette di genziana: una più dolce, l'altra più “rude”, da tirare fuori a seconda delle preferenze del pubblico.
Il potere digestivo della genziana non ha eguali. Perfetta chiusura di un pasto abbondante, quando è offerta dal locale rappresenta, perlomeno in Abruzzo, la più efficace strategia di fidelizzazione del cliente!
La tradizione vuole un bicchiere piccolo e niente ghiaccio, ma il liquore a temperatura di freezer. Tuttavia, essendo molto amaro, alcuni preferiscono berlo con ghiaccio per sedare l’aroma tanto deciso di questo liquore abruzzese.
Da provare con il gelato (per contrasto dolce-amaro), oppure in cocktail con grappa, succo d’arancia e miele.
I liquori di frutta abruzzesi più diffusi sono quelli a base di prodotti spontanei delle montagne che circondano la regione. È il caso del liquore di prugnolo, ottenuto dalla macerazione di piccole prugne selvatiche, il nocino, il “crugnale” o liquore di corbezzolo e quello di more o fragoline selvatiche.
In tutto questo, la Ratafià rappresenta certamente un caso specifico in quanto, al pari di altri appena citati, non si tratta di un liquore originariamente abruzzese ma ormai ampiamente adottato come tipico della regione.
La Ratafià (o Ratafìa) è prodotta con infuso di amarene e vino Montepulciano d’Abruzzo: due ingredienti che determinano il caratteristico colore rosso bruno della bevanda.
Si tratta di un digestivo dai toni dolci e delicati, naturalmente fruttato, ideale anche come liquore da dessert.
Il consumo è diffuso in tutta Italia e in altri Paesi (Spagna, Portogallo, Francia, Svizzera), ma in Abruzzo rappresenta una piccola eccellenza per via della grande facilità di preparazione e della disponibilità di amarene selvatiche e la presenza di un ottimo vino rosso locale, le cui caratteristiche organolettiche sposano perfettamente quelle del liquore.
Per la sua tipica dolcezza, la ratafià si adatta bene ai dessert, dalla classica “pizza dolce” abruzzese (una torta a base di pan di spagna, crema pasticcera classica e al cioccolato con bagna all’alchermes) fino ai dolci più diversi con farciture variegate.
Per la sua gradazione moderata (dai 14 ai 22 gradi circa) può essere consumata in purezza, sia a temperatura ambiente che fredda. Meno tipica è la sua miscelazione in long drink o cocktail.
La Ratafià andrebbe servita in un bicchiere piccolo, dalla forma svasata ma stretta in alto, così da non comprometterne l'aroma a causa di una eccessiva ossigenazione.
Il Centerbe è un liquore tradizionale abruzzese dal gusto raffinato e secco. La sua preparazione è storicamente legata alle colline della Val Pescara.
Proprio qui, a Tocco da Casauria, si trova infatti la storica azienda di produzione della famiglia Toro, che tramanda da generazione la ricetta di questo inimitabile liquore.
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GUARDA LA SELEZIONE PER TELa sua produzione deriva molto probabilmente da una prima selezione di erbe aromatiche, spontanee e officinali, selezionate dai monaci della vicina abbazia di San Clemente a Casuria. Il preparato fu perfezionato in epoche più recenti dal farmacista Beniamino Toro, che per primo ne commercializzò la ricetta dopo averla utilizzata, secondo una leggenda, come rimedio contro la peste.
L'alta gradazione alcolica del preparato (70° circa), infatti, costituiva un perfetto rimedio fungineo, vermifugo e antibiotico naturale. Com'è facilmente intuibile, data l'altissima gradazione non è molto comune consumare questo liquore in purezza (anche se c'è chi lo preferisce).
Solitamente il Centerbe è più apprezzato per correggere il caffè, come bagna per dolci e per la preparazione di cocktail e drink. Una vera specialità, anche se molto “strong” è il gelato affogato al Centerbe, assolutamente da provare.
Allo stesso modo può essere usato come liquore per realizzare splendidi dolci a base di ricotta di pecora (altra tipicità abruzzese), simili alle cassate.
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