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Con la pizza non si scherza, a maggior ragione in Italia. Un prodotto che per noi rappresenta tantissimo. Una ricetta che raccoglie al suo interno il nostro Paese e gran parte del nostro modo di essere.
La pizza è sempre stata, per la nostra tradizione, un prodotto imprescindibile, un “sempreverde” commercialmente parlando. Questo termine, nel food, viene usato quando bisogna descrivere un prodotto che non conosce il declino e che non sparisce mai e la pizza fa parte di quella categoria. Anzi, addirittura negli ultimi anni questo prodotto si sta evolvendo. Alla solida base fatta di tradizione e ricette antiche, tramandate di generazione in generazione, si sta sommando un prezioso studio, compiuto da vari mastri pizzaioli, su impasti, lavorazioni e lieviti per rendere ancora più speciale e unico questo grande prodotto.
Ecco allora che la storia della pizza si evolve e si modifica continuamente. Inserita nella ristorazione a partire dagli anni ’80 come elemento che completa l’offerta ristorativa, da qualche anno la pizza ha mantenuto fede alla sua indole di prodotto popolare reinventandosi a prodotto centrale attorno al quale costruire un format.
Esistono molte realtà e altrettanti casi che hanno trovato una propria identità, una struttura organizzata e degli standard lavorativi precisi. Con queste premesse sono riusciti a creare dei format esportabili in tutto il mondo, facendo conoscere il vero volto della pizza in tutto il mondo. Vediamone alcuni.
Il format Rossopomodoro è riassumibile in un unico grande concetto: legame con la tradizione. Lo si deduce anche dallo stesso claim che campeggia in ogni ristorante e su tutte le immagini e le grafiche presenti sui social e sul sito web: “Come un giorno a Napoli”. La scelta di questa frase nasce con un’idea ben precisa: proiettare il cliente a Napoli, riproducendo immaginariamente la sensazione di mangiare le bontà della cucina napoletana, tra cui la pizza, direttamente nella città partenopea. A fianco di questa decisione stilistica e comunicativa vi sono altre importanti scelte riguardanti lo staff e l’organizzazione interna, atte a mantenere una linea fortemente coerente con il format. Ecco quindi che ne deriva la scelta di avere in cucina, e nel reparto pizze, solamente cuochi e pizzaioli napoletani che sappiano rispettare alla perfezione i gusti e la tradizione. Vi è quindi un ragionamento più ampio che viene fatto a monte: innanzitutto analizzare e comprendere realmente qual è il messaggio del format e successivamente capire chi sono i potenziali clienti e il target di riferimento.
Un altro elemento, altrettanto importante, che sta alla base del processo di comunicazione di Rossopomodoro è il forte senso di appartenenza che il brand vuole sottolineare. Per cui una forte brand awarness e una brand reputation di alto livello. All’interno del format Rossopomodoro vi è quindi un percorso unico che parte dalla creazione di una forte brand identity, incentrata sul tenace legame con la tradizione napoletana, che passa alla scelta dei dipendenti che sappiano rispettare determinati standard, fino ad arrivare ad uno stile comunicativo efficace, diretto e chiaro. Tutto questo con l’obiettivo di veicolare un unico messaggio: Rossopomodoro si può trovare a Milano, Roma, Napoli o Londra, ma ovunque percepirai la vera essenza di Napoli.
Rossopomodoro quindi non si può definire come format monoprodotto. Non vi è alle spalle infatti la scelta di specializzarsi e di comunicare un singolo prodotto: che sia la pizza o la cucina napoletana. Rossopomodoro vuole porsi a metà del guado con un unico obiettivo: rappresentare i colori, i sapori e le tradizioni di Napoli.
Quali sono gli elementi caratterizzanti che gli permettono di fare tutto ciò?
La pizza, quindi, si è trasformata da elemento completante dell’offerta ristorativa a grande protagonista di nuovi format di successo. Format che hanno creato nuovi modelli di lavoro e che hanno permesso di preparare e formare nuove risorse umane, oltre che di comprendere come fare business ristorativo e quindi saper analizzare quali strategie di food cost e standardizzazione possono permettere al gestore di ottimizzare i costi massimizzando i ricavi.
Passiamo ai numeri, che non mentono mai.
Il trend della pizza pare quindi non conoscere crisi e lo confermano anche i dati: + 19% consumo pro capite nel 2019 (fonte interna) e una richiesta continua da parte di nuovi imprenditori che vogliono sviluppare business e nuovi format di pizzerie. Nel 2019 il comparto pizza ha raggiunto un fatturato mondiale che ha superato i 100 miliardi di euro, di cui 15 miliardi solamente in Italia. Questo grande movimento ha di conseguenza moltiplicato i casi di successo in Italia. Da Berberè con 15 punti vendita all’attivo, di cui tre a Londra, a Gino Sorbillo bravo e famoso, poi Franco Pepe con “Pepe in grani” che si mantiene sempre in vetta alla classifiche. Un altro conosciuto e apprezzato è Davide Fiorentini di “O Fiore Mio”, un format che si propone sia come pizzeria gourmet, ma anche attraverso un’offerta aggiuntiva di pizze di strada a quadretti, orientate al take away.
Tutti maestri pizzaioli, che hanno fatto della pizza una ragione di vita trasformandola in business di successo, spesso premiati e presenti nell’autorevole www.50toppizza.it che premia le migliori pizzerie Italiane. Fino ad arrivare a Massimiliano Prete, nominato Ambasciatore del Gusto, che con il suo Gusto Divino è il capostipite della pizza gourmet.
La pizza, nel suo essere così ancorata alla tradizione, paradossalmente rappresenta di per sé un prodotto rivoluzionario. Non solo per i nuovi format che si vengono a creare, ma anche e soprattutto per lo studio che si cela dietro questo magnifico prodotto. Negli ultimi anni, con l’esplosione delle versioni gourmet, si è sviluppata una forte passione per la ricerca di materie prime raffinate e originali da utilizzare per la creazione di nuovi impasti e nuove proposte.
Un binomio che sta prendendo piede è appunto quello tra cucina e pizza. Un mix tra gli impasti raffinati e ricercati dei maestri pizzaioli e il fine dining degli chef stellati. Una sorta di scambio e condivisione di tecniche, ricette e utilizzo delle materie prime nel quale gli chef più apprezzati si confrontano e si cimentano con i lievitati, mentre viceversa i maestri pizzaioli lavorano sulla ricerca di topping originali e su una migliore gestione della sala. Chi ha già sviluppato progetti in questa direzione è Franco Pepe, che abbiamo citato in precedenza, che nella sua “Authentica”, una piccola sala dove è presente un tavolo da 8 persone, un banco di lavoro e un forno, ha organizzato “Authentica Stellata”. Un progetto nato per avvicinare cucina e pizza, durante il quale pizzaioli e chef lavorano fianco a fianco in quella location che è stata definita dallo stesso Pepe come “Emozione da condividere in intimità”. La finalità di questo percorso di ricerca è cercare un trait d’union tra pizza e fine dining per aprirsi verso un pubblico più eterogeneo possibile.
Anche Massimiliano Prete si è reso protagonista di un’idea simile, sulla stessa lunghezza d’onda di Franco Pepe, ovvero unire cucina ricercata con il nuovo concetto di pizza.
Ecco una intervista proprio a Massimiliano Prete sulla nostra pagina Facebook:
A lui si è aggiunto anche Matteo Baronetto, chef del Ristorante del Cambio di Torino. I due, Prete e Baronetto, sono stati protagonisti di una serata nella quale hanno ideato dei topping per la pizza innovativi e ispirati alla stagione che fossero poi abbinabili con uno dei vini più elitari che si possa conoscere, ovvero lo Champagne. Un percorso enogastronomico nel quale la pizza la fa da regina, a dimostrazione che questo prodotto è in continua evoluzione e non conosce limiti.
La pizza rappresenta poi anche una possibilità concreta di format temporaneo per una riconversione gestionale interna. Un esempio concreto è quello di RetroBottega a Roma che, da maggio a settembre per ripartire diversamente, proporrà RetroPizza, un temporary format con una veste più informale. Ci saranno quindi pizze classiche, farcite e gourmet: tutte rimarranno però coerenti con la filosofia del locale ovvero la sostenibilità. Un esempio che assomiglia e si avvicina al caso del Noma di Copenaghen, che con le sue 3 stelle Michelin aveva deciso di trasformarsi in burger e wine bar prima di riprendere a regime la propria proposta classica.
Format vincenti, temporanei, business consolidati e una continua ricerca abbinata allo sviluppo. La pizza si sta consolidando sempre più come prodotto trainante del movimento culinario italiano e internazionale. Un prodotto semplice, popolare e ancorato alla tradizione che negli ultimi anni ha spiccato il volo, evolvendosi continuamente giorno dopo giorno fino a diventare l’elemento centrale attorno al quale è possibile creare un business scalabile e replicabile. La pizza è sempre più la vera regina dei format di successo.