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Il caso Bomba Temporary di Niko Romito ha aperto le porte a molte riflessioni sul settore ristorazione nel nostro Paese. Ecco cosa puoi imparare da questa esperienza.
Nei mesi scorsi, a Pescara è esplosa una bomba. Una bomba mediatica, innescata dall'apertura sotto le feste natalizie del punto vendita provvisorio Bomba Temporary dello chef Niko Romito. Un corner nel centro cittadino che invitava, per un periodo di sole due settimane, all'assaggio dell'ormai famigerata bomba ripiena dello chef abruzzese, insignito di 3 stelle Michelin per il ristorante Casadonna di Castel di Sangro (AQ).
La deflagrazione ha superato i confini nazionali fino ad arrivare in Francia, avvertita anche nella redazione del celebre quotidiano Le Figaro, che ha inserito l'arrivo del temporary store anche a Parigi tra le aperture più attese del 2021, insieme a quella di una nuova gioielleria Bulgari.
Un'operazione “ordinaria”, nel senso commerciale del termine, che però, anche per via del particolare momento vissuto dal settore della ristorazione e il grande clamore generato, si è rapidamente trasformata in un acceso dibattito e “polemiche inevitabili”, come lo stesso Romito le ha definite.
Sostenitori e detrattori hanno speso parole in ogni direzione, considerando la strategia dello chef “geniale”, “provocatoria” o “opportunista” a seconda dei casi. L'iniziativa ha persino generato una risposta da parte degli altri esercenti cittadini, danneggiati, a loro dire, dallo store temporaneo, che hanno per questo lanciato un loro “Bomba Day”, offrendo il pasticcino a un prezzo molto inferiore rispetto a quello “gourmet”.
Dietro l'operazione lanciata dallo chef abruzzese c'è, ovviamente, molto più di una semplice strategia di marketing. Il successo del temporary store non è dovuto alla bomba in sé, ma al fatto che questa sia associata al nome del suo creatore. Particolare che in molti sembrano trascurare o, addirittura, considerare in modo negativo.
Una bomba che nasconde dietro di sé un lavoro di sperimentazione, passione e dedizione durato 5 anni e orientato, non solo al perfezionamento del prodotto, ma ad affermarne una propria riconoscibilità. Un fattore, oggi, facilmente riscontrabile nell'immediata identificazione della bomba gourmet di Romito, con il suo caratteristico ricciolo di crema in cima e la confezione brandizzata, ma determinato anche dalla personalizzazione della ricetta.
Questa prevede, infatti, due varianti, dolce e salata, preparate senza grassi animali, attraverso un “protocollo di produzione segreto a base di olio d'oliva e burro di cacao”, come spiegato dallo stesso chef.
“Il mio sogno” - spiega ancora Romito - “è rendere Bomba la protagonista di un nuovo cibo da strada italiano” e per farlo ha elevato il prodotto ad un livello superiore, donandogli una nuova identità.
Il principale fattore di successo del Bomba Temporary è stato la creazione di quella che, nel marketing è definita “urgency”. Una strategia che vale tanto per uno store temporaneo, quanto per altre promozioni mordi-e-fuggi comuni nel settore della ristorazione e somministrazione, come happy hour, degustazioni, menù speciali, etc.
Il concetto sul quale è giocata questa strategia è "L'offerta è qui e ora: non perderla altrimenti sarà troppo tardi".
La creazione di un bisogno è una strategia cara al mondo della comunicazione, ma oggi un po' datata. In questo, il “caso Romito” insegna come sia possibile evolverla, rinnovando lo storytelling di un prodotto tra i più comuni e diffusi, per la creazione di nuovo valore. Un'idea potente che, giustamente, ha avuto la sua altrettanto poderosa risonanza.
Come ribadito più volte, anche all'interno del nostro blog, la costruzione identitaria è un aspetto fondamentale anche per chi opera nella ristorazione. Non solo ad alti livelli, come uno chef stellato, ma anche nell'ordinarietà. A Pescara, dove la bomba di Niko Romito è esplosa in un fragore di opinioni contrastanti, esistono numerosi altri esempi in tal senso, alcuni dei quali – per altro – a pochissima distanza dal discusso temporary store.
Come il bar pasticceria affiliato al brand Poppella, marchio partenopeo famoso per le tradizionali “pastarelle” napoletane. Le pizzerie della città, che sulla caratteristica pizza tonda locale hanno saputo legare i propri brand, oggi noti e riconosciuti (Trieste, Donna Tina, Tonda, Ciferni). E ancora molti altri.
Cosa sarebbe accaduto se una di queste attività avesse deciso, al pari di Romito, di aprire un temporary store nello stesso punto durante le feste, attuando una medesima strategia (variante del prodotto in nuova ricetta, pubblicizzata ad hoc per creare aspettativa)? Sarebbe stata accolta in modo più “gentile” e, forse, senza critiche perché considerata “local” e meno di prestigio?
A conti fatti, se la strategia alla base dell'operazione funziona, significa solo che è stata studiata a dovere. E, da un esempio virtuoso, c'è sempre e solo da imparare.